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Il ‘sacco’ di Modica: ruspe abbattono decine di ville liberty cancellando uno dei volti storici della città. La denuncia di Stefania Campo, deputata all’Ars, e le parole di Bufalino

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Uno scempio urbanistico, una strage di radici sociali e culturali, un barbaro e rozzo espianto storico, uno sfregio  violento su uno dei tratti più belli del volto della città.

Tutti atti che, a Modica, sessant’anni dopo (evidentemente trascorsi invano) richiamano alla memoria lo scellerato abbattimento della chiesa seicentesca di Sant’Agostino per far posto, nel centro storico della città, agli orribili manufatti di palazzinari votati al più cieco e bieco business economico e sostenuti da una classe politica complice, la Dc degli anni ’60 che aveva in mano il potere assoluto nel governo della città.

Atti, quelli di questi giorni, che, per una certa affinità di merito, somigliano al ‘sacco di Palermo’ perpetrato nottetempo dalla mafia di Vito Ciancimino che, ben insediata dentro il Comune, governava il capoluogo siciliano.

A Modica è in corso la demolizione di decine e decine di ville e villini dotati di parchi e giardini di pregio, delimitati da muri a secco di importanza storica e con cancelli ornamentali. Sono le architetture tardo-liberty, per lo più degli anni ’30 del secolo scorso, le quali finora hanno testimoniato quella bellezza nuova e leggera della ‘nouveau art’ che a fine ‘800 e nei primi anni del ‘900 dall’Inghilterra pervase l’Europa giungendo, con il fascino delle sue decorazioni floreali e naturalistche, nel cuore di Palermo e, appunto negli anni ’30 del XX secolo, in città di solidi tradizioni storiche e culturali come Modica.

Ora il Comune di Modica – ignaro o comunque noncurante del retaggio di una felice stagione della propria architettura edilizia – dà un colpo di spugna a tutto ciò, per favorire, ora come negli anni ’60, i palazzinari avidi di indicibili ma redditizie brutture.

La vicenda è oggetto di una denuncia di Stefania Campo, architetta e deputata all’Assemblea regionale siciliana del M5S. Ecco il suo testo cui è allegato l’elenco, purtroppo ancora incompleto, delle ville in via di demolizione (qui).

Montagne di macerie in luogo della bellezza che folgorò Bufalino

<<Tutto inizia in quell’estate del ’51, non un anno prima, non un anno dopo, quando Gesualdo Bufalino, con la sua penna magistrale, ci introduce alle feste modicane. In quelle notti soffocanti, illuminate solo dalla luna e dal bagliore delle luci delle ville in stile tardo barocco e liberty della Sorda, i giovani amanti si concedevano al piacere di ballare, per poi rifugiarsi nei giardini ombrosi dove, al riparo da occhi indiscreti, si scambiavano umidi baci. Quelle ville, che a prima vista sembravano solo scenari per amori fugaci, divennero protagoniste della narrazione di Bufalino, il quale, descrivendole con passione, le portò all’attenzione del mondo intero, quasi a volerle immortalare per l’eternità>>.

Tutto inizia davvero quando un maestro della parola come Bufalino percepisce la bellezza di queste dimore, capisce il loro valore e decide di condividerlo con il pubblico, trasformandole da semplici edifici a simboli di un’epoca, di una cultura.
Ma tutto finisce in modo tragico, quasi beffardo, con l’ironia della sorte che si abbatte su una città, più sorda della Sorda stessa, dove il vino si mesceva con allegria nelle strade del Sacro Cuore, e che oggi si trova di fronte al delitto di voler cancellare quel quartiere che un tempo fu il rifugio estivo di generazioni di modicani.

Come accadde a Palermo con il sacco di Ciancimino, dove la speculazione edilizia spazzò via le più belle ville liberty, anche Modica è vittima di un saccheggio, di una distruzione lenta e inesorabile che, come il peggiore dei mali, divora il suo patrimonio architettonico e culturale. Quelle devastazioni che hanno mutilato Palermo e Bagheria, oggi le piangiamo con mostre, fotografie e commemorazioni, ricordando i geni come Basile e la sua scuola, e temiamo che lo stesso destino tocchi anche a Modica.

Di fronte a questo scempio, l’orrore è palpabile, ma purtroppo anche impotente. È uno spettacolo ormai irreversibile: il privato, in accordo con il comune, ha ottenuto il via libera per distruggere un inestimabile patrimonio artistico e architettonico in cambio di anonime colate di cemento armato, trasformando ville eleganti e raffinate in scatoloni senz’anima, capaci solo di ospitare famiglie in quantità, senza alcuna considerazione per la grazia e lo stile che una volta caratterizzavano quei luoghi.

Il fenomeno dei palazzinari, che sembrava aver perso slancio grazie a una rinnovata coscienza civica, continua invece a prosperare, dimostrando che siamo ancora governati da politicanti ignoranti, preoccupati solo di accumulare consenso senza alcuna visione culturale, senza il coraggio di dire un fermo “NO” in difesa del patrimonio pubblico e del bene comune che appartiene a tutti, anche alle generazioni future.

Qualcuno, come Piero Vernuccio, ha cercato di far sentire la propria voce, di risvegliare la coscienza dei modicani con un libro e con articoli su riviste di spessore come Dialogo. Ma tutto è stato vano. Nessuno ha reagito, nessuno ha sentito il dovere di opporsi. Sembra quasi che demolire il bello per ricostruire il brutto, distruggere l’identità storica di un quartiere, sia diventato normale, accettabile, parte dell’ordine naturale delle cose. Perdere giardini e ville in cambio di centri commerciali, negozi, abitazioni e parcheggi sembra essere un destino ineluttabile, e la pianificazione urbanistica della città è ormai un ricordo lontano.

Il progetto rimane sulla carta, e chi percepisce se una città sta perdendo la sua anima, se le sue forme si stanno dissolvendo, se le aree verdi stanno scomparendo, se le antiche trazzere, gli ulivi saraceni e i carrubi sono cancellati? Chi se ne accorge, chi la vive e la sente la città, se non lo fanno nemmeno i consiglieri comunali, coloro che votano i piani regolatori e firmano le concessioni edilizie? E allora, a cosa serve il voto? Qualcuno potrebbe rispondere con cinismo: “Io non li ho nemmeno votati, quindi non è colpa mia se hanno distrutto la Sorda!” Ma allora, di chi è la colpa? Contro chi dobbiamo gridare per questa strage di villini liberty? È frustrante sapere che, nonostante tutto, anche il tentativo di sollevare un clamore mediatico si ridurrà a poco più di un comunicato stampa di un giorno, senza lasciare traccia, perché nel 2024 nessuno si indigna più.

Ci sono problemi più grandi, più urgenti: le guerre, la crisi economica, la siccità, gli incendi, la spazzatura che ci sommerge, gli ospedali che chiudono. In un contesto del genere, una semplice speculazione edilizia sembra quasi un peccato veniale, soprattutto se avvenuta alla luce del giorno, con tutte le autorizzazioni in regola. Perché, allora, indignarsi per così poco?

Eppure, qualcuno deve pur farlo. Anche se è la settimana di ferragosto e tutti sono al mare, anche se queste parole rischiano di rimanere inascoltate, qualcuno deve denunciare ciò che sta accadendo. Perché un giorno, ci pentiremo di non aver alzato la voce, di non aver difeso quei villini che la soprintendenza avrebbe potuto tutelare, che avrebbero potuto aggiungere valore a una città così bella e turistica come Modica. Certo, un paio di esemplari sono stati salvati, inclusi nella rete UNESCO, ma non basta. Se del barocco avessimo conservato solo due esemplari, oggi non saremmo riconosciuti come patrimonio dell’umanità.

Non resta che scattare foto, segnare sul taccuino i villini scomparsi, marcarli con una croce sulla mappa e accettare che la Sorda non è più il luogo romantico delle estati passate, ma un cimitero di ricordi, un luogo dove piangere il tempo che fu, osservando le ultime pietre dei cancelli monumentali che ancora resistono.

La Sorda non deve diventare un cimitero di memorie, è necessario svegliarsi prima che l’ultima pietra del nostro passato venga spazzata via.

 

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