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Scicli e la difesa del suolo: ci eravamo tanto sbagliati! Il consiglio comunale è chiamato ad approvare una delibera proposta dal responsabile dell’ufficio tecnico con la quale si prende atto che ‘per errore’ dal 2011 nel verde agricolo di maggiore tutela (e dove se no?) è stato vietato, esclusi gli imprenditori agricoli, di costruire entro i venti metri dal confine. Ora tale possibilità, entro i cinque metri, sarà concessa a tutti. ‘Giallo’ sulla genesi del presunto errore e preoccupazione per il rischio cementificazione selvaggia. Il Comune da noi interpellato rassicura: “l’ambiente ci sta a cuore, è solo un errore da correggere, ci riserviamo di adire le vie legali in caso di illazioni e falsità”. Perchè così tanta suscettibilità preventiva? L’interesse generale della città richiede piuttosto certezze pubbliche, trasparenza, motivazioni convincenti, partecipazione collettiva e forte attenzione prioritaria al territorio bene prezioso di tutti

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Un errore incredibilmente sopravvissuto oltre tredici anni sarebbe stato scoperto, all’improvviso, a pochi giorni da una seduta, quella del 26 giugno scorso, del consiglio comunale e aggiunto, all’ultimo momento e in tutta fretta, all’ordine dei lavori perchè la massima assemblea di Scicli, centro ibleo tanto ammirato per la bellezza del suo paesaggio e del suo Barocco patrimonio dell’umanità, ne prendesse atto e, sempre in tutta fretta, approvasse una delibera per dichiarare di essere incorsa il 15 marzo 2011 in errore e, oltre tredici anni dopo, di volerlo correggere.

La redazione di In Sicilia Tv ha ricevuto segnalazioni allarmate sugli effetti della presa d’atto dell’errore finora solo presunto, ed ha in programma di eseguire tutti gli approfondimenti necessari, stante l’importanza cruciale della questione per le sorti di uno dei valori più preziosi e distintivi della città: il suo territorio, il suo ambiente, la sua campagna, il suo paesaggio.

Intanto in questo articolo esponiamo sia l’allarme lanciato che la risposta, rassicurante, dell’amministrazione comunale.

La delibera in questione è quella proposta dall’assessore all’urbanistica Vincenzo Giannone (le sue deleghe, per completezza, sono ‘urbanistica e pianificazione territoriale, rigenerazione urbana, protezione civile, manutenzioni, cura del verde pubblico e tutela degli animali, servizi cimiteriali, autoparco’)  e, soprattutto, stante la matrice tecnica del presunto errore materiale, dal funzionario, Andrea Pisani, assegnatario nell’organico comunale di una posizione di Eq (Elevata qualificazione, denominazione subentrata nel lessico giuridico-burocratico lo scorso anno a quella di posizione organizzativa) e come tale esercente, in assenza di una posizione di ruolo, l’incarico di dirigente del settore.

Nell’occasione, il 26 giugno scorso, il consiglio comunale su tale argomento non ha deliberato perchè mancava ogni documentazione, credibile e convincente, a sostegno della tesi del funzionario fatta propria dall’esecutivo comunale, la quale finora ha prodotto solo una proposta. Vedremo quale sarà la posizione del consesso cittadino, organo legittimato a decidere, anche perchè su una materia così delicata e soprattutto, alla luce di anomalie e incongruenze che proiettino dubbi sulla tesi dell’errore, risulta difficile immaginare, nell’espressione del voto che impegna ciascun consigliere, vincoli di maggioranza più forti della verità documentale e dell’evidenza oggettiva delle cose.

La materia, delicata e di massimo interesse per le sorti del territorio, è quella del consumo di suolo nelle aree di verde agricolo di elevato pregio paesaggistico e, come tali, maggiormente tutelate.

Affrontiamola partendo dalle preoccupazioni e dalle argomentazioni, giunte alla nostra redazione, di chi teme, come un danno grave per la città, gli effetti dell’estensione della possibilità per tutti di costruire edifici, o ampliare i volumi esistenti, nelle aree di verde agricolo di massima tutela.

Chi nutre tali preoccupazioni sostiene che attraverso la presa d’atto del fantomatico errore si vorrebbe estendere a tutti la possibilità di edificare a soli cinque metri dal confine, anzichè a venti come è stato finora secondo il piano regolatore generale vigente e il complesso delle note tecniche di attuazione nelle quali si nasconderebbe il diabolico refuso finora sfuggito.  In tali norme finora operanti la possibilità di costruire entro i cinque metri di distanza è concessa unicamente agli imprenditori agricoli in funzione della conduzione del fondo e con tutti i limiti, soggettivi ed oggettivi, fissati dalla legge in relazione ai requisiti costitutivi dello status di imprenditore agricolo e alla pertinenza relativa alla conduzione del fondo.

Ora l’errore scoperto dopo tredici anni sarebbe quello di non avere capito che le Nta (note tecniche d’attuazione) del piano regolatore vigente in realtà riconoscevano tale possibilità edificatoria, entro cinque metri e non venti, a tutti e non solo agli imprenditori agricoli.

Nella delibera proposta da Pisani e Giannone, già approdata in consiglio comunale al cui esame tornerà martedì prossimo 16 luglio, il suo elemento centrale, a chi abbia a cuore la difesa del territorio e dell’ambiente, appare fumoso e sfuggente: tale elemento centrale è che vi sia stato un errore e che occorra prenderne atto e correggerlo.

Da rilevare preliminarmente che i consiglieri comunali, tutti allo stesso modo, di maggioranza e di minoranza, per verità e coscienza avrebbero dovuto conoscere tutta la documentazione originale e autentica in tempo utile per esaminarla a fondo e potersi pronunciare già nella riunione del 26 giugno scorso. Invece tale documentazione non è stata resa disponibile, nonostante, secondo una percezione diffusa, da ambienti della burocrazia e dell’esecutivo politico si pretendesse un voto in fede assoluta già in quella riunione nella quale la delibera è piombata all’improvviso.

Quindi – si osserva – nessuna documentazione, ma solo affermazioni autoreferenziali, deduzioni in libertà prive di riscontro certo e argomentazioni in contrasto con la logica complessiva delle evidenze documentali. Infatti, a leggere la delibera, l’indizio probante più serio è dato dal precedente, risalente a 14 anni fa, di un’osservazione alle note tecniche d’attuazione del piano regolatore comprendenti questo ipotetico errore, osservazione accolta da parte del Comune, con atto del dirigente pro tempore del settore, Guglielmo Spanò.

Ma l’osservazione, con richiesta inclusa di potere costruire a cinque metri di distanza, era stata avanzata – viene rilevato – da un imprenditore agricolo e, per tale ragione, è stata accolta. Nelle parole iniziali, il suo autore proprio <<nella qualità di titolare dell’omonima azienda agricola>> porta avanti la sua petizione: <<… nella sottozona E1 insistono numerose aziende agricole, come nel caso della sottoscritta azienda, che praticano colture intensive in serra…>>

Come questa circostanza possa diventare la prova che quella norma in realtà, al di là di errori materiali che l’avrebbero inficiata, riconoscesse a tutti la stessa possibilità è un punto tutt’altro che pacifico.

Tanto più che ad una lettura sommaria degli atti amministrativi rilevanti (decreti dell’assessorato regionale e, per quanto riuarda il Comune, determinazioni dirigenziali e sindacali, pareri delle commissioni consiliari, delibere di giunta e del consiglio, note di corrispondenza istituzionale protocollata) non emerge un solo elemento utile alla tesi dell’errore e tutto, al contrario, depone nel senso che fino a tempi recenti il Comune abbia correttamente applicato le norme tecniche d’attuazione del piano regolatore generale secondo le quali nella sottozone E1 di verde agricolo, quelle maggiormente tutelate, la possibilità di costruire entro i cinque metri dal confine è limitata esclusivamente agli impreditori agricoli con i limiti – soggettivi per i requisiti personali richiesti e oggettivi per destinazione e funzionalità – già indicati, mentre a tutti gli altri soggetti, quindi per fini residenziali, tale possibilità è concessa nel rispetto della distanza di venti metri.

La differenza è enorme, soprattutto se si guarda alle caratteristiche generali della campagna sciclitana, molto estesa dalle colline fino al mare in quello che è il territorio comunale a maggiore esposizione costiera da Siracusa a Marsala (il sesto in Sicilia dopo Messina, Trapani, Palermo, Siracusa e, appunto, Marsala) e ne fa un paesaggio da tutelare, esaltato ed immortalato da uno dei più grandi pittori figurativi del secondo Novecento italiano, Piero Guccione.

Caratteristiche che, anche alla luce della struttura sociale degli insediamenti e della tipologia proprietaria media dei vari appezzamenti risultanti dalle mappe catastali, fanno temere, in una vasta area di verde agricolo soggetto alla massima tutela, il rischio di una cementificazione selvaggia in applicazione della nuova norma che oggi l’amministrazione comunale sostiene essere vigente da tredici anni ma che, per errore, sarebbe stata disapplicata.

Se poi, negli ultimi tempi, vi sono stati atti  amministrativi conformi alla nuova tesi, dell’errore, e in contrasto con la prassi applicativa di lungo periodo, ciò nulla cambia, ed anzi rafforza la necessità di una verifica documentale rigorosa perchè sia accertata la fonte autentica della verità delle norme vigenti, ben sapendo che nel dubbio l’interesse generale di gran lunga preminente è quello del contenimento del consumo di suolo e della tutela del verde agricolo, tanto più se come nella sottozona E1 di pregio ambientale, e non certo l’estensione generalizzata delle possibilità concesse agli imprenditori agricoli per le esigenze di conduzione del fondo.

Da parte di chi non crede alla tesi dell’errore – e della sua così tardiva prospettazione non riesce a trovare riscontro laddove esso, secondo l’amministrazione comunale, dovrebbe risiedere – e, al tempo stesso, ne coglie il pericolo grave per l’integrità del territorio, viene osservato quanto segue.

In primo luogo è evidenziata la singolarità della circostanza per la quale ci sono voluti oltre tredici anni per scoprire un errore così importante e ricco di effetti deformanti dopo che tale errore, commesso in sede di trascrizione delle Nta (note tecniche d’attuazione) allegate al Piano regolatore generale, avrebbe superato indenne, invisibile o ben mimetizzato, il vaglio di una sequenza infinita di atti: l’approvazione regionale; la pubblicazione sul bollettino ufficiale della regione che in ambito giuridico è una fonte ufficiale di cognizione; varie delibere del consiglio comunale, dalla prima e ‘decisiva’ (in quanto in uno, uno solo, dei suoi allegati si nasconderebbe l’errore), la n. 15 del 15 marzo 2011 a quella, la n. 196, del 26 novembre 2014; conseguentemente questo diavolo d’errore si sarebbe annidato per così tanto tempo in una lunga serie di provvedimenti degli organismi citati nonchè del consiglio regionale urbanistica, della commissione comunale urbanistica e in tutti gli atti allegati nei quali è normale rinvenire la dizione corrente ‘E4 distanza confine mt 5, E1 distanza confine mt 20’ (E1 è la sigla che denomina la sottozona di verde agricolo soggetta alla protezione più alta e alla quale si riferisce il presunto errore).

In secondo luogo, a chi abbia a cuore la difesa del territorio appare singolare che l’accoglimento della citata richiesta avanzata il 6 dicembre 2010 da un privato, un imprenditore agricolo, venga addotto a prova della sostanziale verità originaria della norma che ora con la presa d’atto dell’errore si vorrebbe introdurre, citando il parere favorevole reso il 17 gennaio 2011 in sede di controdeduzioni dal dirigente di settore dell’epoca Guglielmo Spanò e dal responsabile del servizio Guglielmo Carbone. Con il paradosso che i due funzionari  furono favorevoli ed anzi, con il successivo placet regionale, determinarono tale accoglimento, ma dallo stesso momento in poi si sono sempre dimenticati di osservarlo se – come sostiene oggi l’amministrazione comunale – esso ha comportato fin d’allora l’estensione a tutti della minore distanza nel permesso di costruire. I due peraltro negli anni si sono susseguiti al vertice dell’ufficio, trattando quindi tutte le pratiche possibili nelle quali la norma in oggetto potesse assumere rilievo decisivo, ma non si sarebbero accorti di nulla.

Sintetizzando: furono loro, Spanò e Carbone, a volere accogliere la richiesta dell’imprenditore agricolo riuscendo nell’intento grazie all’approvazione dell’assessorato. Poi però, loro per primi, soddisfatta la richiesta del singolo imprenditore, incredibilmente si dimenticano, in tutti gli anni successivi di servizio in Comune, di applicarla erga omnes, come oggi l’amministrazione comunale sostiene si sarebbe dovuto fare fin dal 31 maggio 2011 o dal successivo decreto regionale del 9 febbraio 2012

In terzo luogo, proprio il decreto dell’assessorato regionale territorio e ambiente del 31 maggio 2011, atto contenente un parere fondamentale per la ricostruzione della volontà amministrativa correttamente e autenticamente formatasi, approva la delibera del consiglio comunale n. 60 del 5 agosto 2010 con tavole allegate attestanti il vincolo, fatta eccezione per gli imprenditori agricoli nella conduzione del fondo, di divieto di edificazione entro i venti metri di distanza dal confine.

Quella che solo oggi, dopo più di tredici anni, l’amministrazione comunale descrive come una fallace apparenza sfuggita alla prova della realtà, ha superato anche le forche caudine del complesso procedimento amministratvo, con tutti gli atti e le operazioni di verifica connessi, di approvazione, con delibera del consiglio comunale del 19 gennaio 2015, della variante zonizzazione del piano regolatore generale finalizzata a salvare la vecchia cava d’argilla dismessa in località Truncafila dalle mire dei ‘signori delle discariche’ per destinarla a parco urbano: operazione riuscita proprio sottraendo l’area alla sottozona E4 per farla ricadere in sottozona E1 dove vige la norma oggi controversa.

In quarto luogo, in casi del genere sovviene, per buon senso e logicità d’indagine, l’analisi della trattazione e gestione corrente riservata negli anni alla norma. E al di là del caso dell’imprenditore agricolo (che in quanto tale, a chi teme il ‘liberi tutti’ nel verde agricolo tutelato, appare conferma ineccepibile della norma applicata) non emerge alcuna circostanza compatibile con la tesi dell’errore: mai un atto, un precedente-spia, un rilievo illuminante, la proposizione di un dubbio. E comunque, almeno finora secondo la documentazione disponibile, non risultano fonti documentali che univocamente e con certezza sostengano la tesi dell’errore.

Salvo che i promotori di tale tesi – viene fatto osservare – non producano prove dirimenti che finora non appaiono, l’unico appiglio rimane l’accoglimento della richiesta dell’imprenditore agricolo sancito nel successivo decreto, il n. 20 del 9 febbraio 2012 avente ad oggetto ‘l’approvazione di variante alle Nta del Prg di Scicli, omogeneizzazione distanze confine zone E’, a firma del dirigente generale Sergio Gelardi dell’assessorato regionale territorio e ambiente, la cui lettura è interessante ben al di là dei riferimenti espliciti al nostro ‘indizio’. In esso infatti l’assessorato regionale passa in rassegna punto per punto le singole proposte e richieste di variazione e su ognuna si pronuncia con la formula ‘si condivide’, ‘non si condivide’, ‘si prende atto’. La lettura integrale mai lascia trasparire il dubbio sul punto in questione che anzi, per quanto riguarda le sottozone E1, assume un autonomo rilievo con l’inserimento di un apposito comma, il n. 11, che, per i non imprenditori agricoli, mantiene il vincolo dei 20 metri quale distanza dal confine per le concessioni edilizie.

Il decreto, dettagliato e articolato, produce effetti in vari atti del Comune di Scicli che lo fa proprio, con delibera consiliare del 26 novembre 2014, a conclusione dell’iter di approvazione del piano regolatore generale e così, fin dal 2012, il comma 11 diventa noto e familiare a cittadini interessati, addetti ai lavori, tecnici, funzionari e amministratori comunali, tanto che risulta riportato nei certificati di destinazione d’uso urbanistico insieme alle altre variazioni. Inoltre deliberazioni del consiglio comunale con le tavole allegate ribadiscono sempre la distanza minima di 20 metri dal confine per le abitazioni di uso residenziale.

Ci siamo casualmente imbattuti in Spanò e Carbone, dirigente e responsabile del servizio al tempo dei fatti negli anni, e nei tanti snodi cruciali, che intercorrono tra il ‘presunto errore’ commesso a marzo 2011, la delibera del consiglio comunale del 26 novembre 2014 e l’atto di salvataggio a gennaio 2015 della vecchia cava d’argilla di Truncafila destinata a parco.

Sono gli anni dei tornanti drammatici in cui la ‘mafia invisibile’ (così definita da un tribunale della Repubblica nella sentenza di condanna di Antonio Calogero Montante) dei signori delle discariche espugna il Comune di Scicli sciolto per mafia perchè, al contrario, ‘colpevole’ di opporsi ai progetti di tali signori: sciolto quindi non perchè in municipio vi fosse la mafia ma, al contrario, perchè quel sindaco, Franco Susino, quella giunta e quel consiglio comunale difendevano la città e il suo territorio dall’aggressione e dagli affari della mafia, ‘invisibile’ per definizione giudiziale ma … non tanto.

In quelle vicende il nome di Spanò ricorre tra i difensori della città e del suo territorio, quale promotore, in sintonia con il vertice politico-amministrativo dell’epoca, della protezione dell’area di contrada Truncafila che qualcuno, anche con il sostegno di settori dell’amministrazione della Provincia (dove probabilmente affonda le origini il precedente delle dimissioni, a fine novembre 2011, del predecessore di Susino, Giovanni Venticinque) voleva trasformare in una megadiscarica produttiva di un grande business, come a Siculiana, crocevia di interessi di quella mafia, nuova sì e specializzata in travestimenti ma ormai ben visibile a chi la voglia vedere.

Per la cronaca, alla vigilia di Natale del 2014, si dimette Susino falsamente incriminato per concorso in associazione mafiosa e, poichè il commissario che gli subentra nelle funzioni e in quelle della giunta continua a resistere ai ‘signori delle discariche’, occorre rimuovere anche lui e al suo posto nominare figure disponibili: il che accade, il 29 aprile 2015, con l’infamia di un atto di scioglimento del consiglio comunale voluto dal ministro dell’Interno Angelino Alfano (‘a disposizione di Montante e del suo sistema’ è scritto nella citata sentenza) sollecitato dall’allora senatore Pd Beppe Lumia, nel silenzio della senatrice di Scicli in carica Venera Padua, anche lei Pd, e motivato esclusivamente con false congetture. Ne segue la nomina di tre nuovi commissari di diversa estrazione i quali, a differenza del precedente, ribaltano la linea di difesa degli interessi della città portata avanti dal sindaco e dalla giunta costretti alle dimissioni e dal consiglio comunale spazzato via perchè d’ostacolo ai ‘signori delle discariche’.

In questa vicenda, oltre agli atti compiuti a tutela dell’area intorno alla cava di Truncafila, ha un forte peso anche il dossier-Acif , più volte trattato da In Sicilia Tv e anch’esso molto caro a tali signori e al sistema-Montante di cui il governo regionale Crocetta era una dépendance e Lumia, per 24 anni, dal 1994 al 2018,  potente parlamentare della Repubblica, l’ideologo-garante, con il sostegno, nell’operazione Scicli, di un altro senatore, Mario Giarrusso (M5S) e di ferventi attivisti reclutati tra giornalisti, politici, burocrati, prefetti, questori, poliziotti di vario livello, carabinieri e finanzieri, uomini dei servizi. Il tribunale che già in primo grado assolve Susino e cancella un procedimento che mai avrebbe dovuto essere avviato, esprime nella sentenza e mette agli atti tutta la sua sorpresa e il suo stupore per il fatto che le accuse abbiano potuto superare il vaglio dell’udienza preliminare.

Per una mera casualità di incrocio di alcune delle circostanze narrate abbiamo fatto riferimento al caso-Truncafila nel cui atto di tutela tramite variazione di destinazione urbanistica ricorre il famoso ‘comma 11’ che, tornando al tema di questo articolo, qui serve solo per svelare l’arcano del presunto errore.

In proposito, per concludere in sintesi l’elencazione dei fattori di dubbio, chi teme per il territorio e ritiene di contrastare la scelta, a qualunque titolo compiuta, di allargare le maglie della possibilità di edificare nelle aree di verde agricolo di maggiore pregio, aggiunge altre osservazioni.

L’efficacia giuridica delle Nta (Note tecniche d’attuazione) del Prg non è data dalle delibere del consiglio comunale ma dal decreto regionale di approvazione della variante, sicchè un atto dell’ente locale non servirebbe a nulla se non a produrre contenzioso. Semmai è il decreto regionale di approvazione che avrebbe dovuto essere impugnato nei termini.

Dal punto di vista giuridico poi una correzione d’errore materiale dopo 13 anni, in mancanza di una prova certa, sarebbe una modifica in autotutela, non consentita dalle norme vigenti e inammissibile su atti presupposti, la delibera di consiglio comunale, rispetto all’atto finale, il decreto dell’assessorato regionale, che ha stabilizzato gli effetti.

Come già rilevato, la lettura oggettiva dell’osservazione avanzata dall’imprenditore agricolo, e la sua interpretazione logica e lessicale, dimostrano che l’intento del presentatore, approvato da Comune e Regione, era quello di ottenere una riduzione della distanza dal confine per le aziende agricole, risultato palesemente operante fin dal 2012, senza errore né indizi d’errore per una mancata estensione di tale riduzione a tutti che semplicemente non c’è mai stata.

Abbiamo sin qui esposto i dubbi e le richieste di spiegazioni e chiarimenti che si levano dal fronte di chi teme un’ondata di cementificazione nell’ampia campagna di Scicli che dall’entroterra collinare degrada verso il mare in una fascia costiera di ben 22 chilometri.

A tali dubbi si accompagna l’allarme di cui si sono fatti portavoce in redazione cittadini, attivisti, esponenti di forze politiche e di associazioni che si battono per la tutela dell’ambiente e del territorio. Dubbi che permangono tutti sulla base della visione della documentazione, sommaria e priva di certezze risolutive, finora disponibile.

Il Comune di Scicli, da noi interpellato, come già accennato ha sollecitamente risposto con una nota dell’assessore all’urbanistica Vincenzo Giannone denominata, nell’oggetto, ‘nota di risposta alla presunta delibera consiliare’. In effetti la delibera non è ‘presunta’ essendo già proposta in atti a firma dello stesso Giannone e del funzionario Pisani e portata all’esame del consiglio comunale che quindi, già nella prossima seduta, dopo il rinvio nella precedente in attesa della documentazione necessaria che avrebbe già dovuto essere allegata, potrebbe pronunciarsi.

Probabilmente la delibera è definita ‘presunta’ per ironica consonanza con il  ‘presunto errore’ (così lo abbiamo definito anche nelle domande poste al Comune e, allo stato degli atti disponibili, così ancora oggi lo definiamo) del quale con la delibera, tutt’altro che presunta (potrà essere votata o no, approvata o bocciata, ma nel suo stadio attuale di proposta è reale e non presunta), il Comune vorrebbe prendere atto, modificando così su un punto cruciale i criteri di assegnazione del permesso di costruire per fini residenziali nelle aree di verde agricolo sottoposte alla massima tutela.

Prima di riferire, in conclusione, la posizione dell’amministrazione comunale, ecco qualche cenno sul contenuto della proposta di presa d’atto dell’errore all’esame del massimo consesso cittadino.

Essa, elaborata dal responsabile del settore tecnico Pisani <<per il consiglio comunale del 13 giugno 2024>> ma aggiunta il 21 giugno, con nota della presidente del consiglio comunale Angela Desirè Ficili, alla seduta del 26, ha per oggetto <<Nta allegate al Prg. Sottozone agricole. Variante. Presa d’atto errore materiale e approvazione schede relative alle zone E1 allegati 2.2. e 2.3 rispettivamente denominati ‘Art. 35 E1 sottozona E1 Testo con visualizzazione modifiche’. Art 35 E1 sottozona E1 testo modificato>>.

La proposta di Pisani tra l’altro richiama: la già citata delibera n. 60 con la quale il consiglio comunale il 5 agosto 2010 adotta la variante alle Nta del Prg vigente; le osservazioni di due cittadini, la prima del 2 novembre 2010 rigettata e l’altra, accolta come abbiamo visto, del 6 dicembre 2010 nella quale l’imprenditore agricolo (riportiamo testualmente, qualunque cosa voglia significare, il testo di Pisani) <<chiede di uniformare, anche le Zto E1, l’ arretro dei confini>>; le controdeduzioni formulate dal progettista e dal responsabile del procedimento il 17 gennaio 2011 alle osservazioni e in particolare a quella dell’imprenditore agricolo <<accolta in quanto coerente con le direttive contenute nella delibera di giunta n. 146 del 4 giugno 2010 nella quale al punto ‘j’ l’amministrazione indicava di omogeneizzare, in tutte le sottozone ove è ammessa la costruzione di nuovi edifici, gli arretri dai confini>>; la delibera del consiglio comunale del 15 marzo 2011 di approvazione della variante delle Nta e la scheda allegata nonchè, in particolare i due citati allegati 2.2 e 2.3 rispetto ai quali viene rilevato che <<per un refuso di stampa la distanza dei confini è stata indicata erroneamente in mt 20 piuttosto che correttamente in mt 5 quindi in contrasto con il corpo della delibera del consiglio comunale n. 15 del 15 marzo 2011>>.

Ecco infine la risposta del Comune da noi interpellato. <<Nessuna cementificazione>> assicura l’assessore Giannone il quale aggiunge: <<l’ente è molto attento sui temi ambientali e sulla tutela del verde agricolo. L’atto portato in consiglio è solo una mera presa d’atto di un errore materiale negli allegati alla delibera di consiglio comunale n. 15 del 2011. Il testo della delibera è corretto mentre in uno dei tanti allegati riporta un errore materiale. A seguito di recente segnalazione – osserva Giannone –  l’ufficio tecnico comunale ha preso atto dell’errore e ha proposto al consiglio comunale la correzione in coerenza al decreto regionale e alla successiva Gazzetta ufficiale della Regione siciliana (che si allega). Nessuna variante, nessuna modifica verrà oggi attuata ma solo una correzione doverosa nell’interesse pubblico generale al fine di consentire l’applicazione della norma come da decreto regionale di approvazione del 2012>>.

Quindi una chiosa finale: <<L’amministrazione comunale – conclude l’assessore – nel rispetto delle istituzioni, e degli uffici che rappresentano l’ente ed a tutela dello stesso  e del decoro dell’istituzione che si rappresenta, si riserva di adire le vie legali qualora si ravvisassero illazioni o falsità>>.

Su quest’ultimo brano torneremo più avanti.

Intanto, per completezza, va detto che Giannone alla nota riferita ha allegato un estratto della gazzetta ufficiale della regione del 23 marzo 2012 in cui è pubblicato il decreto già citato del quale l’assessore comunale segnala la parte in cui, nel lungo elenco di atti richiamati nella lista che segue all’espressione ‘considerato …..’ si richiamano le osservazioni di due cittadini  contro la delibera di adozione del consiglio comunale del 5 agosto 2010: una respinta e l’altra, quella ampiamente esaminata dell’imprenditore agricolo, accolta in quanto <<coerente con gli indirizzi espressi dall’amministrazione comunale>>.

Qui non abbiamo spazio per dare al brano finale della dichiarazione dell’assessore il rilievo critico che meriterebbe. Non sappiamo se e quali ‘illazioni o falsità’ gli risultino ma, all’occorrenza, ogni approfondimento futuro potrà dare risposte appropriate.

Certo è che cittadini i quali – su fatti e atti di interesse pubblico – chiedano notizie certe e verificabili, spiegazioni esaurienti e convincenti, motivazioni adeguate secondo i doveri primari che gravano sulla pubblica amministrazione tenuta all’obbligo costituzionale di imparzialità e buon andamento (ovvero economicità, rapidità, efficacia, efficienza, migliore contemperamento dei vari interessi), o ancora pongano dubbi, esprimano critiche, segnalino i rischi di determinate scelte amministrative anche a prescindere dalla loro legittimità, denuncino abusi o violazioni, non solo fanno qualcosa di  lecito, ma anche di auspicabile, apprezzabile, meritorio per il bene dell’intera comunità e della stessa pubblica amministrazione. La quale – è convincimento radicale, patrimonio vivo e base della stessa missione editoriale di questa testata – ha la sua sola ragion d’essere nella scrupolosa osservanza delle norme a tutela e nell’esercizio – sempre motivato, trasparente, tracciabile, verificabile – dell’interesse generale e non di quello di una parte, grande o piccola che sia: piccolissima, oltre che votata ad interessi particolari e quindi biasimevole e da ricondurre ai doveri costituzionali, sarebbe quella cui, sempre e soltanto nell’interesse generale dei cittadini, sono affidate, per mandato rappresentativo o per rapporto di servizio, competenze di gestione della pubblica amministrazione e che pretendesse di operare senza avvertire profondamente, essa stessa per prima e anche senza alcuna richiesta o denuncia, l’obbligo inderogabile di motivare ogni suo atto e renderne conto.

La stampa poi, come tocca a noi in queso caso, ha il diritto e il dovere – tanto più dinanzi a poteri che dovessero manifestarsi poco inclini al riconoscimento della libertà costituzionale della sua azione – di pubblicare notizie, ovvero riferire fatti di pubblico interesse. Quelli oggetto di questo articolo lo sono. Perciò intanto abbiamo dato voce alle segnalazioni pervenute, ovviamente verificandole ed esplorandole alla luce di tutti i riscontri possibili, documentali innanzitutto, pervenendo, nel momento di questa pubblicazione, alla conclusione che il dubbio è più che fondato, l’attenzione pubblica su un atto così carico di effetti per la comunità auspicabile, la documentazione finora accessibile a tutti assolutamente insufficiente.

Pertanto c’è ancora molto da approfondire, in attesa – per alcuni aspetti – della riunione programmata del consiglio comunale nella quale, si spera, tutti i consiglieri, di maggioranza e di minoranza, possano intervenire dopo avere potuto analizzare e studiare per tempo ogni elemento rilevante per potersi esprimere in verità e coscienza sul riconoscimento, o meno, dell’errore e della sua presa d’atto.

Se sarà così, anche tutti i cittadini – del cui diritto ad essere informati la stampa è mero strumento – potranno sapere più di quanto sappiano adesso e, per quanto ci riguarda, valuteremo poi se saranno rimaste, e quali, zone grigie sulle quali proseguire e affinare l’indagine.